RC Auto, salta tariffa unica per virtuosi. Consumatori contro intervento del MISE

La tariffa unica Nord-Sud per gli automobilisti virtuosi, introdotta con la legge sulle liberalizzazioni, è saltata per un’interpretazione del Ministero dello Sviluppo Economico. L’art. 32 del decreto prevede, infatti, che “per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive ed oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte”. Ma secondo il MISE quest’obbligo è in contrasto con il principio di libertà tariffaria affermato dalla normativa comunitaria.

E’ quanto ha scritto il Ministero all’Isvap che ha poi diffuso una circolare in meritoIl MISE ha quindi ritenuto che “una ragionevole e legittima interpretazione della norma dovrebbe includere nelle differenziazioni tariffarie, possibili anche per le classi di massimo sconto, quelle legate alle oggettive differenze delle condizioni di rischio rilevate nei singoli territori (frequenza dei sinistri, livello dei risarcimenti, ecc.)” e che, “per non vanificare la norma, si deve ritenere che da un lato impone una più stringente applicazione e dimostrazione da parte delle imprese di assicurazione di criteri oggettivi di definizione dei meccanismi tariffari per questo specifico aspetto di articolazione territoriale, dall’altro impone all’intero sistema assicurativo un obiettivo di progressiva riduzione anche delle residue e giustificate differenze tariffarie territoriali, in concomitanza con il realizzarsi degli effetti di riduzione dei sinistri e delle frodi”.

Questa interpretazione non è piaciuta a Federconsumatori e Adusbef che contestano anche le motivazioni fornite dal Ministero. Ad esempio, ”il concetto di territorio potrebbe un domani configurare tariffe municipali o di comunità montane”. “L’ emendamento approvato aveva un obiettivo chiarissimo: cercare di porre rimedio ad una situazione che in alcune zone del Sud aveva toccato livelli drammatici – denunciano le Associazioni – Si voleva quanto meno per gli automobilisti virtuosi cercare di metterli su un piano di parità sul territorio nazionale”.

Secondo le Associazioni ”non è condivisibile l’atteggiamento del Ministero che si è allineato, come avviene spesso, sulle posizioni delle compagnie. Ma se il problema esiste e c’era stato il tentativo di porre rimedio, si doveva intervenire  cercando di trovare soluzioni. Purtroppo in questo modo si svuota la norma ma non si risolve il problema. Ormai è tempo di intervenire in modo risolutivo su un sistema bonus/malus che è sempre di più diventato un sistema malus/malus. La situazione in alcune zone del Sud ormai è insostenibile. Gli abusi che le compagnie commettono ai danni degli assicurati con disdette strumentali, svuotando la legge dell’obbligo a contrarre, sono ormai una norma – denunciano le Associazioni.

Stiamo parlando comunque di un settore dove, “solo negli ultimi 3 anni, ci sono stati ncrementi tariffari del 32% pari a 311 euro annui in più”. “Anziché aiutare le compagnie si aiutino i cittadini attraverso verifiche e controlli, norme per una maggiore competitività di sistema, obblighi a contrarre anziché fuggire le proprie responsabilità come già denunciato all’Isvap ed all’Antitrust. Tutto ciò – sostengono Rosario Trefiiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Adusbef e Federconsumatori –  per calmierare le tariffe così esose da comportare fenomeni diventati rilevanti quali la fuga dalla assicurazione obbligatoria e l’utilizzo di contrassegni falsi”.

Uno studio condotto da Supermoney ha dimostrato che le differenze tariffarie possono pesare come macigni sulle tasche dei consumatori: un automobilista modello napoletano paga oltre il 240% in più rispetto a un “cugino” padovano o milanese, un residente a Bari oltre il 160% in più.

E, paradosso dei paradossi, gli italiani oggi sono diventati più prudenti: la classe Bonus-Malus dell’automobilista medio è la quarta, un risultato abbastanza positivo. E’ quanto è emerso daun’indagine condotta da Facile.it, comparatore online del settore RC auto, su un campione di oltre un milione di preventivi di rinnovo della polizza auto. Addirittura ben il 47% del campione ha una prima classe Bonus-Malus. Certo su questo risultato ha inciso l’età media di chi guida nel nostro Paese, circa 40 anni, e il fatto che sono stati compresi anche i preventivi di chi ha dichiarato di aver usufruito delle agevolazioni della Legge Bersani ereditando la classe di merito di un familiare convivente.

“L’analisi dei preventivi di rinnovo – dichiara Alberto Genovese, Amministratore Delegato di Facile.it – dimostra come il profilo assicurativo degli italiani stia progressivamente migliorando, soprattutto per coloro che si rivolgono ai comparatori e ben sanno che confrontando le tariffe di varie assicurazioni possono trovare chi valorizza al meglio il loro buon comportamento di guida”.

Certo il panorama degli automobilisti italiani è variegato: avvantaggiati forse da un numero maggiore di anni passati dietro al volante, gli uomini hanno mediamente una classe di merito migliore rispetto a quella delle donne: in  quarta i primi, in quinta le seconde. Anche la professione incide: i più prudenti sono i pensionati, i vigili urbani e gli altri appartenenti alle forze armate (60,5%). Più sfortunati gli studenti (solo il 14,6% è in prima classe, dato che comunque comprende anche chi ha usufruito dei vantaggi della legge Bersani), gli operai e i disoccupati, rispettivamente con il 44,8% e 46,7% di cittadini in prima classe di merito.

Infine, la Regione più virtuosa è il Veneto, seguita dal Molise e dalla Valle d’Aosta. Si comportano peggio, invece, i cittadini di Puglia (39,8%), Calabria (41,7%) e Lombardia (42,5%).

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Clausole contrattuali abusive, dall’Europa una vittoria per i consumatori

Dall’Europa arrivano buone notizie per i consumatori vessati da clausole contrattuali abusive. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che se una clausola contrattuale viene dichiarata nulla a seguito di un ricorso collettivo promosso da un’associazione o organismo a tutela dei consumatori, la legge può prevedere che questa clausola non abbia effetti vincolanti su alcun consumatore che ha stipulato lo stesso contratto.

Il casus belli arriva dall’Ungheria, dove l’autorità nazionale per la tutela dei consumatori ha ricevuto numerose denunce di consumatori nei confronti di un operatore di telefonia fissa che aveva unilateralmente introdotto nelle condizioni generali dei contratti di abbonamento una clausola che le conferiva il diritto di fatturare a posteriori “spese di vaglia” ai clienti, ovvero costi applicati in caso di pagamento delle fatture attraverso vaglia postale. In più, le modalità di calcolo di tali spese di vaglia non erano state descritte nei contratti.

Ritenendo che la clausola fosse abusiva, l’autorità ha chiesto ai giudici ungheresi di accertarne la nullità e di ordinare il rimborso ai clienti delle somme indebitamente versate come “spese di vaglia”.

La Corte, chiamata in causa dal Tribunale ungherese, precisa in primo luogo, che la direttiva comunitaria obbliga gli Stati membri ad accordare la possibilità per persone o enti che abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori di adire le autorità giudiziarie con un’azione inibitoria affinché queste accertino se clausole redatte per un uso generalizzato presentino un carattere abusivo e, all’occorrenza, ne vietino l’utilizzo.

Per far sì che si realizzi l’obiettivo dissuasivo delle azioni collettive, è necessario che le clausole dichiarate abusive nell’ambito dell’azione non vincolino né i consumatori che siano eventualmente parti nel procedimento né quelli che non lo siano, ma che abbiano stipulato con il professionista in questione un contratto al quale si applicano le medesime condizioni generali. La Corte sottolinea che azioni collettive dirette all’eliminazione delle clausole abusive possono essere promosse prima della loro utilizzazione in contratti.

Secondo la direttiva gli Stati membri sono tenuti a garantire che esistano mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’utilizzazione delle clausole abusive, e i giudici nazionali devono trarre d’ufficio tutte le conseguenze che derivano dall’accertamento della nullità, sicché la clausola abusiva non vincola i consumatori che abbiano stipulato un contratto contenente una tale clausola e al quale si applicano le medesime condizioni generali. Infine, la valutazione del carattere abusivo della clausola deve essere condotta dal giudice nazionale che dovrà verificare se, alla luce di tutte le clausole figuranti nel contratto e della legislazione nazionale applicabile, i motivi o le modalità di variazione delle spese collegate al servizio da prestare siano descritti in modo chiaro e comprensibile e se i consumatori dispongano della facoltà di porre termine al contratto.