Pensioni, Istat: quasi la metà sotto i 1000 euro

Quasi la metà dei pensionati italiani riceve una pensione al di sotto dei 1000 euro mensili. Il 14,4% ha una pensione inferiore a 500 euro, il 31% (5,2 milioni di individui) ha una pensione tra i 500 e i 1.000 euro, il 23,5% riceve tra 1.000 e 1.500 euro e il restante 31,1% ha una pensione superiore a 1.500 euro. Sono alcuni dei numeri pubblicati oggi dall’Istat sulle pensioni.

Un altro dato interessante è quello sulla quantità di pensioni percepite da un unico individuo: il 67,3% dei pensionati percepisce una sola pensione, il 24,8% ne percepisce due e il 6,5% tre; il restante 1,4% è titolare di quattro o più pensioni.

Anche sulle pensioni pesa una differenza di genere: le donne, che rappresentano il 53% dei pensionati, percepiscono assegni di importo medio pari a 12.840 euro, contro i 18.435 euro degli uomini;il 54,9% delle donne riceve meno di 1000 euro, a fronte di una quota del 34,9% tra gli uomini. Il 48,5% dei pensionati ha un’età compresa tra 65 e 79 anni, il 22,3% ne ha più di 80; iI restante 29,1% ha meno di 65 anni.

“Drammatica, allarmante, imbarazzante: non ci sono altri termini per definire la situazione dei pensionati in Italia fotografata dall’Istat. Una situazione peraltro già nota e più volte da noi denunciata”. E’ questo il commento di Massimo Vivoli, vice presidente vicario della Confesercenti e presidenti della Fipac, l’organizzazione dei pensionati dell’associazione, ai dati diffusi oggi dall’istituto di statistica.

E’ assurdo che in un Paese come l’Italia la metà dei pensionati debba lottare per sopravvivere con meno di 1000 euro al mese  e che un 10% percepisca una pensione addirittura inferiore ai  500 euro. E tutto questo a fronte di una pressione fiscale crescente, soprattutto a carico dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, di un potere d’acquisto in caduta libera e di continui aumenti dei prezzi in buona parte legati al costo dei carburanti. Mi auguro – conclude il presidente della Fipac – che i dati dell’Istat contribuiscano a sensibilizzare le forze politiche ed il Governo su questo problema, mettendo in campo misure incisive, realmente capaci di sottrarre milioni di pensionati alla condizione di disagio in cui sono costretti a vivere”.

“I pensionati italiani si confermano i più poveri d’Europa – spiega il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – A pesare è soprattutto la pressione fiscale, che nel nostro paese resta elevatissima, mentre altri paesi europei non prevedono alcuna tassazione sulle pensioni. A peggiorare la situazione le ultime misure introdotte in Italia, che hanno determinato un aumento dei prezzi e delle tariffe e una conseguente perdita del potere d’acquisto, già crollato negli ultimi anni. Basti pensare che dal 1993 ad oggi il potere d’acquisto di chi percepisce una pensione medio/bassa è calato di oltre il 50%. Ci chiediamo come faranno a sopravvivere quei 2,4 milioni di italiani che percepiscono una pensione da fame inferiore ai 500 euro, quando ad ottobre scatterà il nuovo rincaro dell’Iva e il conseguente aumento dei prezzi in tutti i settori” – conclude Rienzi.

Da un’analisi di Federpensioni Coldiretti emerge che quasi 1,2 milioni di pensionati coltivatori diretti riceve circa  600 euro al mese e l’importo si abbassa se si analizzano le pensioni di invalidità con 445 euro al mese e le pensioni ai superstiti che toccano a mala pena i 300 euro al mese. Secondo il presidente della Federpensionati Coldiretti Antonio Mansueto “siamo di fronte, ad elementi economici spesso di pura sussistenza che evidenziano situazioni difficili nelle campagne per pensionati che vedono ogni giorno aumenti del costo della vita”.

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Rendimento energetico degli edifici, Italia deferita alla Corte di Giustizia UE

L’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia dell’UE perché non si è pienamente conformata alla direttiva comunitaria sul rendimento energetico nell’edilizia. Gli edifici sono all’origine di circa il 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di CO2 nell’Unione Europea e la direttiva 2002/91/CE mira a ridurre in misura significativa il consumo energetico degli edifici, contribuendo alla lotta contro il riscaldamento climatico e a rafforzando la sicurezza energetica dell’UE.

Edifici efficienti dal punto di vista energetico possono consentire alle famiglie di ridurre drasticamente la spesa in bolletta. È quindi fondamentale che gli Stati membri applichino integralmente la normativa, ma la legge italiana non è conforme alle disposizioni relative agli attestati di rendimento energetico. La direttiva prevede che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario che deve, a sua volta, metterlo a disposizione del futuro acquirente o locatario. Si tratta di un elemento essenziale, che permette di avere un quadro chiaro della qualità dell’edificio sotto il profilo del risparmio energetico e dei relativi costi. Tali attestati e le relative ispezioni devono essere rispettivamente compilati ed eseguite da esperti qualificati e/o accreditati.Attualmente, la direttiva italiana non prevede questo requisito per tutti gli edifici e comprende deroghe all’obbligo di certificazione da parte di un esperto che non sono previste nella direttiva.

Inoltre, le autorità italiane non hanno ancora comunicato le misure di attuazione relative alle ispezioni dei sistemi di condizionamento d’aria. La direttiva prevede ispezioni periodiche che contemplino una valutazione dell’efficienza del sistema e del suo dimensionamento, corredata da raccomandazioni in merito ai possibili miglioramenti.

Il procedimento di infrazione contro l’Italia è stato avviato nel 2006; nonostante diverse lettere di costituzione in mora e pareri motivati inviati alle autorità italiane, la normativa continua a non essere conforme alla direttiva. L’Italia ora rischia una multa.